Terapia di coppia e competenze genitoriali


 

Spesso accade che le persone percepiscano i loro disagi e la loro infelicità come connessi a, quando non causati da, altre persone. Quanto più è stretto il rapporto con qualcuno, se non gli si riconosce un ruolo di aiuto e supporto, tanto più verrà sentito avere un ruolo causale nel proprio malessere, poiché nessuna persona che faccia parte della nostra vita può esserci indifferente.

La coppia, quindi, luogo dell'intimità per definizione e condizione di vita che più di ogni altra si immagina come capace di dare la felicità, diviene spesso il contenitore per solitudini profonde e conflitti asprissimi, capaci di rovinare la vita alle persone più equilibrate quando non riescono a trovare una soluzione ai loro disagi relazionali.

Spesso l'esordio della crisi è insidioso; quando compaiono i problemi e i sentimenti amorosi iniziano ad affievolirsi, i partner si rifugiano nelle dimensioni più soddisfacenti della loro vita privata, come il lavoro, il rapporto con i figli o la famiglia di origine, le avventure extraconiugali, le amicizie, lo sport, gli hobbies, anziché confrontarsi e affrontare il disagio in modo costruttivo. Questo comporta ovviamente un progressivo e inesorabile aggravamento della situazione.

Il degrado comportamentale che si riesce a raggiungere in una dinamica di coppia raramente si verifica in altre situazioni umane; questo perché i legami conflittuali sono portati avanti da uno o più membri con problematiche di dipendenza affettiva che, anziché sviluppare nuove modalità relazionali o interrompere le relazioni prima di arrivare a danneggiarsi gravemente, per paura della solitudine le trascinano, facendole arrivare all'esasperazione e dunque a reazioni esplosive, con un crescendo senza fine di scontri sempre più duri.

 

Le difficoltà che si riscontrano in coppia e in famiglia sono dovute principalmente alle proprie esperienze di attaccamento. La relazione di attaccamento è quel rapporto complesso che i bambini sviluppano verso le figure che li accudiscono; in base ad esso, il vissuto che abbiamo avuto come figli fra i 2 e i 12 anni diventa modello per tutte le relazioni affettive che avremo da adulti.

Poiché l'esperienza di attaccamento determina la qualità dell'autostima, il grado di consapevolezza dei propri bisogni interiori e la modalità di comunicazione e di relazione con le persone affettivamente importanti, avremo comunemente le seguenti situazioni:

  • un figlio accudito con attenzione, rispetto e amorevolezza, ricevendo cure e venendo rispettato nelle esigenze che tramite il dialogo gli è stato insegnato ad esprimere, sarà un adulto autonomo, assertivo, comprensivo e responsabile verso i suoi partner e i suoi figli.
  • un figlio accudito in modo rabbioso e distratto da genitori stressati e frustrati spesso assenti e trascuranti, sarà un adulto insicuro, umorale e impulsivo, spesso irresponsabile e incapace di rispettare gli altri pur avendo bisogno del loro supporto e del loro affetto, che ripeterà ai suoi figli lo stesso atteggiamento ricevuto dai propri genitori.
  • un figlio maltrattato, vittima di freddezza e violenza da parte dei propri genitori, anche solo verbale, diventerà un adulto diffidente, che non crede nella bontà e nel valore dei rapporti umani e che cercherà indipendenza e distacco fino alla solitudine, capace di divenire aggressivo se costretto all'intimità, e che certo non vorrà avere né famiglia, né figli.

Il mio modo di condurre una terapia di coppia, sia con omosessuali che con eterosessuali, consiste per lo più nel portare alla consapevolezza gli schemi disfunzionali di pensiero e comportamento di ciascuno dei partner e nel far emergere i cicli interpersonali che originano dai vissuti di attaccamento infantile e da eventuali disturbi della personalità di cui i membri della coppia possono soffrire.

A seconda dei casi, la terapia di coppia può coinvolgere occasionalmente figli o altri conviventi e prevede un incontro settimale o ogni due settimane, sedute nelle quali sono sempre presenti entrambi i membri della coppia, che imparano ad ascoltare il partner e ad esprimere i propri bisogni e il proprio mondo interiore di fronte ad esso.

Come ogni terapia cognitivo-comportamentale, anche questa comprende compiti e prescrizioni che mirano a ricostruire la capacità di dialogare e di vivere insieme in una dinamica sentimentale positiva e amorevole.

 

Se allarghiamo il discorso ai figli, il loro ruolo nella dinamica familiare è semplice da comprendere. Quando una coppia di genitori è serena e capace di educarli, i figli divengono a loro volta sereni e offrono stimoli e prospettive positive ad una famiglia che cresce insieme. Viceversa, il disagio dei genitori viene dai figli recepito, elaborato e rimandato indietro, spesso amplificato con i disturbi dell'infanzia e dell'adolescenza; questo aumenta la tensione familiare e genera un circolo vizioso dal quale diviene spesso impossibile uscire. 

Anche quei pochi genitori che sopravvivono psicologicamente all'infanzia e all'adolescenza e divengono adulti sereni ed equilibrati possono sviluppare rapporti problematici con i propri figli, se non dispongono di adeguate competenze genitoriali. La crescita corretta di un figlio richiede infatti alcune nozioni fondamentali non sempre acquisite dai neo-genitori. Semplificando, le possiamo elencare come segue:

  • un bambino piccolo, anche un neonato, non è un essere inerte e passivo, tantomeno deficiente, ma è una creatura intelligente che apprende a velocità inconcepibile per l'adulto e che "sente" a livello interiore ciò che accade nel mondo intorno a lui. Dovrebbe essere scontato prestargli attenzione e trattarlo con rispetto, interagendoci in modo dolce, giocoso e stimolante, senza sovrastimolarlo con grida e atteggiamenti assurdi o abbandonarlo davanti al televisore; purtroppo non lo è.
  • i figli sono esseri in crescita, le cui capacità e le cui sensibilità si evolvono rapidamente, esprimendo bisogni affettivi e sociali che mutano continuamente; questo è molto difficile da accettare per i genitori, che spesso rimangono attaccati a determinate fasce d'età e non riescono ad adattarsi al cambiamento. Viene dimenticato che lo scopo dello sviluppo umano è quello di portare un individuo da una condizione di dipendenza infantile nella quale prende gli adulti a modello ad una di autonomia matura dove, per dirla con i termini di Freud, diviene capace di "amare e lavorare", certo non quello di rimanere dipendente tutta la vita!
  • Anche quando i genitori non amano i figli (cosa che accade più spesso di quanto non si pensi), i figli amano sempre i genitori: li pensano, li ricordano, si emozionano per loro, plasmano il loro Sé nella relazione con loro e tutto ciò che il genitore ha fatto loro lascerà un segno, nel bene e nel male. I figli non sono il bastone della vecchiaia dei loro genitori, gli eredi delle loro professioni, né "servono" per riempire il vuoto interiore dei genitori, riparare i loro fallimenti o sfogare le loro frustrazioni, ma sono individui dotati di una personalità che dovrebbe essere un piacere scoprire ed educare (nel senso di "trarre fuori", non da addestrare, inibire o reprimere) e con i quali dovrebbe essere bello confrontarsi, lasciandoli liberi di diventare ciò che vogliono.

Lo sviluppo delle competenze genitoriali è il nucleo terapeutico del mio intervento familiare, che si allarga quindi dall'analisi e la correzione delle dinamiche di attaccamento-accudimento e delle problematiche di personalità di tutti i membri della famiglia alle azioni educative specificamente messe in atto dai genitori e alle modalità di dialogo esistenti fra loro e i figli. Lo scopo rimane quello di ricostruire un contesto affettivo e relazionale capace di sviluppare l'autonomia e l'identità di tutti i membri della famiglia potenziando al contempo l'espressione e la comprensione delle dinamiche affettive positive.