Questo è il Disturbo della Personalità largamente più diffuso e meno studiato. In forma lieve, posso ben dire che affligge non meno del 50% della popolazione italiana.
Anche in questo caso, la fase prodromica del disturbo Borderline evolve in età
preadolescenziale e si indirizza in un'altra forma per effetto di atteggiamenti duramente punitivi emessi dai genitori in risposta alle ribellioni e ai capricci dell'infante in cerca di
attenzioni. In pratica, continue e ripetute forme di violenza familiare, sottili o grossolane, spezzano la grinta del soggetto e lo indeboliscono al punto da ridurre al minimo la sua già bassa
autonomia, rendendolo docile, inibito e obbediente. Se nel futuro soggetto Borderline il comportamento dei familiari è ambiguo, a volte benevolo e più spesso dannoso, i soggetti Dipendenti
sperimentano solo una ferma indifferenza e frequente ostilità.
Essendo il disturbo Dipendente costruito sulla paura della punizione, la differenza più evidente col disturbo Borderline è infatti l'incapacità, che rasenta l'impossibilità, di esprimere la rabbia e di entrare in aperto conflitto con le figure di attaccamento familiare e con i partner nella coppia, o comunque di affermare verso di loro i propri bisogni.
Anche il tormento relativo all'identità non esiste, poiché il soggetto Dipendente, non essendo mai stato considerato degno di attenzione dai familiari, non pensa
mai a se stesso. Ogni suo pensiero è rivolto alle figure di attaccamento, a come soddisfarle e non indisporle, poiché la prospettiva di rimanere soli di fronte alla vita è quanto di più
spaventoso queste persone possono immaginare. Per questo si parla di "dipendenza affettiva".
Chi soffre di questo disturbo passa la sua esistenza cercando di mantenere in piedi rapporti e relazioni dalle quali dipende totalmente a livello psicologico, e spesso anche sul piano materiale, sebbene siano gravi fonti di sofferenza e mortificazione. Sono relazioni sempre disfunzionali, spesso costituite con partner narcisisti, dove il naturale egoismo di questi ultimi si sposa perfettamente con l'autoesclusione e sottomissione delle persone dipendenti.
Proprio le richieste di "cambiare" il partner o cercare di "capire perché" si comporta in modo così insensibile, nonché gli attacchi di panico generati dalle pressioni subite che non si vogliono affrontare, sono i motivi che portano le persone con Disturbo Dipendente in terapia. Questa, è inutile ometterlo, è lunga, difficile e dolorosa, perché deve ricostruire pressoché da zero non solo autostima e autoefficacia, ma anche la personalità dell'individuo, ridotta a pallida ombra del suo potenziale. Ciò nonostante, è il lavoro terapeutico che dà maggiore soddisfazione tanto al paziente quanto allo psicologo, poiché il cambiamento che si ottiene è strepitoso, e la persona cambia completamente vita, conquistando un benessere che non avrebbe mai ritenuto possibile e relazioni finalmente paritarie e appaganti.