Ansia, fobie e forme ossessivo-compulsive

L'ansia è una forma di paura, ovvero un'emozione spiacevole di timore e preoccupazione che ha per oggetto l'anticipazione di una minaccia futura, spesso espressa da comportamenti nervosi e agitazione, disturbi somatici (soprattutto a carico dell'apparato digerente) e ruminazione continua sulla causa dell'ansia, almeno quella che la persona identifica come tale, e le sue conseguenze immaginate. Le altre persone vicine al soggetto ansioso non condividono la sua preoccupazione e sperimentano il sistematico fallimento dei loro tentativi di calmarlo; si accompagnano quindi all'ansia solitamente anche problemi relazionali che alimentano l'ansia stessa divenendo problemi aggiuntivi. Il perdurare dello stato ansioso e le limitazioni esistenziali che comporta identificano la presenza di una eventuale patologia ansiosa.

Chi soffra di ansia, per la natura stessa del problema, ha difficoltà a ragionare in modo lucido sull'oggetto delle sue paure e mette in atto una serie di comportamenti tipici:

  • Distrazione e contenimento. L'ansioso si forza a focalizzare l'attenzione e l'azione su stimoli neutri o piacevoli di ogni genere legati al movimento, soprattutto corsa e palestra, ma anche rapporti sessuali o hobby manuali, oppure di tipo cognitivo, nella migliore delle ipotesi lettura e scrittura oppure fruizione di stimoli digitali (social media, videogiochi, notizie e pornografia). In alternativa, la persona cerca di placare l'ansia attraverso stimoli fisiologici, soprattutto assumendo in modo eccessivo cibo, alcool e cannabis, oppure ricercando direttamente lo stordimento con ansiolitici, cocaina e droghe pesanti di vario genere.
  • Ricerca di supporto e protezione. La persona ansiosa "si accolla" (come diciamo a Roma), ovvero ricerca la comunicazione con altre persone, la loro compagnia, il loro supporto e protezione in modo eccessivo e irragionevole, perché da un lato l'ansia aumenta quando si sta da soli, dall'altro si è convinti di non poterla gestire autonomamente in modo "mentale". La ricerca dell'altro è spesso anticipatoria, ovvero viene utilizzata per prevenire l'insorgere dell'ansia.
  • Evitamento e fuga. Come accade nella ricerca di supporto e protezione, gli ansiosi tendono a prevenire la comparsa dell'ansia evitando intere categorie di stimoli sociali ed esistenziali, per cui riducono la loro vita sociale e affettiva per evitare la sofferenza che susciterebbero trascuratezza, abbandoni, tradimenti e maltrattamenti potenziali, ma anche la vita attiva e produttiva, poiché l'ansia da prestazione o timore del fallimento si può presentare anche in assenza del giudizio o dell'osservazione altrui, basta il proprio. Se poi la persona ansiosa, sbagliando le sue previsioni, si ritrova in una situazione nella quale ha la sensazione di perdere il controllo e non riesce a beneficiare del supporto di altri, allora fugge, cercando di tornare quanto prima possibile in quello che percepisce essere un luogo sicuro.

In sintesi, come si evince da quanto accennato sopra, l'ansia è il prodotto della percezione di Sé come vulnerabili, deboli, difettosi, inetti, inadeguati, immeritevoli, e della percezione del mondo esterno e degli altri come pericolosi sul piano psicologico, ovvero abbandonanti, rifiutanti, sprezzanti, ostili, refrattari ad assistere e aiutare. Ne consegue che l'ansia è il mezzo più naturale per difendere la propria autostima da un giudizio negativo, interno o mediato da altri, che la danneggerebbe, ovvero protegge il Sé da danneggiamenti, impoverimenti, fallimenti, rifiuti, abbandoni e tradimenti. 

Più l'autostima è bassa, più l'ansia si presenta, e questo è il caso tipico delle personalità dipendenti e istrioniche. Eccezione interessante è però quella narcisistica, dove l'autostima è alta ma fragile, ovvero sempre bisognosa della conferma esterna, così che le persone affette da narcisismo, pur apparendo sicure di sé, tendono in realtà ad evitare contesti che possano metterli in difficoltà o in discussione. 

Naturalmente il disturbo ansioso si mantiene perché la persona non ha coscienza della sua fragilità interna e della sua bassa autostima, preferendo proteggersi dal sintomo che eliminarne la causa, proprio perché il cambiamento personale è un processo soggetto al giudizio interno ed esterno ed esposto al rischio di fallimento, dunque ansiogeno in quanto tale. Non è insolito che chi soffre d'ansia, per proteggersi dall'introspezione e dalla responsabilità di affrontare le proprie fragilità, sia disposto a perdere tutto, lavoro, affetti e salute, piuttosto che guarirla.

 

Nelle fobie l'ansia viene focalizzata su oggetti molto specifici, eventi ristretti e occorrenze particolari, che suscitano grave paura, terrore e disgusto quando ci si entra in contatto, quali luoghi chiusi, animali di un certo tipo, sangue, persone particolari, mezzi di trasporto e via elencando. Anche se nel racconto interno il fobico è, a volte, in grado di individuare un presunto evento scatenante la fobia, la storia non appare mai ragionevole e comunque la persona resiste ad ogni tentativo di normalizzazione della sua esperienza. L'esposizione graduale allo stimolo di solito fallisce, in assenza di un trattamento psicoterapico ad ampio spettro, e la tecnica dell'inondazione, ovvero l'esposizione brutale per un tempo molto lungo all'oggetto terrificante, pure efficace, è spesso impossibile da attuare.

Il meccanismo causale delle fobie, semplificando, è lo spostamento di un vissuto traumatico a carattere spaventoso da un evento che lo ha generato a un elemento di contorno della situazione vissuta. Il trauma è legato ad una situazione grave di vita, una violenza subita, veri e definitivi abbandoni o separazioni da parte di persone amate, o anche morti improvvise, evento che innesca una reazione dissociativa per cui il fatto o la reazione affettiva vengono rimossi o repressi e la componente emozionale spostata, per associazione semplice, ovvero per contiguità, sull'oggetto della fobia. A titolo di esempio, una donna che seguii aveva la fobia dei piccioni perché da bambina suo padre la picchiò violentemente dopo che lei tirò un sasso ad uno di quei volatili, mentre un mio paziente aveva sviluppato una grave paura di volare e degli aerei dopo aver letto, durante il volo per una trasferta di lavoro, un messaggio della moglie, in cui lei gli comunicava la sua decisione di separarsi. Va da sé che affrontare il trauma in terapia, quando questo viene individuato, cosa non facile se il ricordo è stato rimosso o represso, garantisce la quasi certezza della risoluzione della fobia.

 

Variante ancora interessante delle forme ansiose è il disturbo ossessivo-compulsivo, in cui la persona è afflitta da contenuti di pensiero fortemente ansiogeni che gli ritornano continuamente in mente e che cerca di "esorcizzare" ripetendo compulsivamente comportamenti, almeno apparentemente, assurdi; il tutto appare illogico e fuori controllo alla persona che ne soffre (altrimenti avremmo una psicosi), ma ciò nonostante non ha modo di interrompere la sintomatologia. Come nelle fobie, un processo traumatico a carattere dissociativo è alla base del problema; esaminando i pensieri ossessivi possiamo osservare come esprimano condizioni che "macchiano", "sporcano" e in generale degradano o contaminano la persona, la quale ritiene che sarebbe allontanata dal suo mondo sociale se tali condizioni si rivelassero vere. L'avere o il poter contrarre una malattia o un'altra condizione socialmente degradante, l'aver fatto qualcosa che può mettere a rischio gli altri, l'aver commesso azioni che hanno involontariamente e inconsapevolmente danneggiato o ucciso qualcuno, sono tutte cose che, se fossero vere, potrebbero portare la persona responsabile ad essere rifiutata ed esclusa dal suo mondo sociale. Poiché tale colpa morale temuta non può essere elusa, in quanto irreale, con azioni concrete a carattere razionale, deve essere allontanata da azioni a carattere simbolico, analoghe a quelle religiose, che garantiscano o esprimano l'affidabilità, l'integrità o la purezza della persona, per cui controllare ripetutamente, ordinare oggetti, osservare norme reali o immaginarie di igiene e pulizia, fra le altre, acquisiscono un chiaro senso in questa cornice di recupero dell'innocenza perduta.

Chiunque può comprendere come una persona che sviluppi il disturbo ossessivo-compulsivo abbia subito una o più esperienze di rifiuto ed esclusione reali e dolorose, quasi sempre da ricercarsi in ambito familiare, in particolare da parte di uno o entrambi i genitori, che hanno costituito la base traumatica su cui poi, attraverso meccanismi dissociativi e di spostamento, si è sviluppato il disturbo ansioso. A differenza delle cause fobiche, il motore del disturbo ossessivo-compulsivo è spesso operativo nell'oggi, ovvero la persona subisce realmente e nel presente rifiuto, maltrattamento o svalutazione da parte di una o più figure affettive di riferimento; come per le fobie, affrontato il conflitto in essere la patologia si risolve facilmente.

 

I disturbi ansiosi, fobici e ossessivi, in conclusione, non sono difficili da curare, o almeno non lo sono per me, che ho un'importante casistica a riguardo. Il meccanismo terapeutico che deve instaurarsi è quello della fiducia verso il terapeuta e la sua competenza, in quanto il paziente deve considerare la mente dello psicologo come più affidabile della propria; quando questo avviene, la guarigione del sintomo è certa e pure piuttosto rapida, così che poi ci si può dedicare al rinforzare la personalità della persona ansiosa.

Se io terapeuta, infatti, non ho paura per gli scenari terrificanti rappresentati dal paziente e non condivido la sua spiegazione del problema, ed anzi gliene offro una alternativa, questi si trova di fronte ad una scelta, ovvero deve decidere se credere di più a sé stesso, a quello che sente e che prova, oppure a me, a ciò che dico quando parlo di ciò che vive. Questo processo terapeutico è simile a quello che viene utilizzato nella cura delle psicosi, con la differenza, non da poco, che la persona è ancora in grado di costruire una relazione umana e accettare che il suo mondo mentale non coincida con la realtà; nel momento in cui la persona sostituisce la sua spiegazione interna con la mia, la paura finisce e si può iniziare a lavorare sul vero problema, che è la sua fragilità di fondo e le relazioni di dipendenza affettiva che ha costruito e mantiene in essere ancora oggi.