Ieri, su invito degli adorabili Marco De Bardi e Michela Fontana ho tenuto presso il loro salone di parrucchiere una lezione sui legami fra la dimensione interiore delle persone, spirituale, animica e psicologica, e quella esteriore, corporale e comportamentale, che è piaciuto tanto a me tenere quanto, pare, sia stata gradita e apprezzata dalle persone presenti, intervenute ad ascoltarla.
Vedendo e condividendo il post che Michela ne ha fatto oggi qui su Facebook, mi sono anche reso conto che non ho più scritto niente dalla fine di gennaio, cioè da quando ho pubblicizzato l'ultima psicogita che, per la sua impostazione un po' estrema (trekking nella neve senza le pallosissime ciaspole), ha raccolto solo i più avventurosi fra i miei seguaci, qui raffigurati nel breve reportage che, sempre la nostra impagabile Michela, ne ha fatto al ritorno, mentre io mi perdevo nel mio mondo di riflessioni astratte e il tempo scorreva rapidamente verso il futuro...
Lavoro clinico da cinquantacinque ore a settimana, influenza ricorrente (mi è venuto pure il dubbio di essere stato vaccinato a mia insaputa), feste e cene, uscite con amici, serate nerd, tempo (sempre troppo poco) trascorso con mia moglie, occasionali doveri familiari, nuovi interessi e dottrine da approfondire, organizzazione e conduzione di corsi ed eventi, hanno fatto sì che lo scrivere e condividere sui social le mie riflessioni e proposte di attività sia passato in secondo piano, così che questa piccolissima finestra che apro affinché un ristretto mondo di curiosi possa leggere cosa ho da dire e valutare se partecipare o meno (salvo poi risolversi sempre per il meno, che non sia mai dovesse uscire dal seminato), è rimasta chiusa per un po', mentre inoltravo nel gruppo WhatsApp dei fedelissimi quanto non avevo tempo di articolare qui.
Anche volendo non potrò recuperare l'arretrato, ma visto che per i prossimi giorni mia moglie è impegnata in un corso serale, ne approfitto non per organizzare orgiastici festini, ma bensì per scrivere qualche idea delle molte che mi passano per la testa!
Una di esse è una riflessione sull'amicizia, in un periodo in cui scientemente ho chiuso rapporti importanti, durati molti anni, per aprirmi a nuove relazioni che sento essere portatrici di bellezza esistenziale e crescita personale molto maggiore dei rapporti precedentemente instaurati, senza negare a me stesso il dispiacere per chi, a parer mio, è rimasto indietro, intrappolato nel suo egoismo e in una visione limitata della vita.
"Affine ad amare" è il significato del termine latino "amicus", cioè amico, ovvero colui che partecipa con altri ad un rapporto di amicizia, cioè ad un vivo e scambievole affetto fra persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti, reciproca stima, comunanza di valori e condivisione di interessi.
Molte persone che conosco o che seguo come pazienti non hanno grandi rapporti di amicizia con altri, e spesso sottovalutano il valore di questa relazione relegandola ad uno scambio opportunistico di tipo materiale, a volte anche sessuale, inteso a trarre vantaggio, ad avvalersi di compagnie occasionali o semplicemente ad ingannare il tempo. I maschi tendono a dare maggior valore a relazioni in ambito lavorativo, le femmine a quelle nell'alveo familiare, tutti e due le considerano inferiori alla coppia, e non si rendono conto che proprio questi altri rapporti sono maggiormente esposti al rischio dello sfruttamento opportunistico, sia esso rivolto al beneficio materiale ed economico o al riempimento dei vuoti affettivi.
L'amicizia invece è un rapporto fra pari e affini, nel quale due o più persone si sostengono nella necessità e si stimolano positivamente, cercando divertimento e arricchimento, proprio perché si rispecchiano gli uni negli altri. Negli uomini questo porta prevalentemente a fare attivamente cose insieme, nelle donne a comunicare e condividere esperienze e stati interiori all'interno dell'ordinaria quotidianità, e tutti sperimentano un senso di appartenenza la cui natura è molto diversa dall'attaccamento verso una figura accudente.
Appartenere a un gruppo di simili, piccolo o grande che sia, conferma alle persone che non sono sole nel loro cammino su questa terra, e che ci sono altri che hanno raggiunto il loro stesso livello di maturità e di sensibilità, che il loro bagaglio di esperienze, con qualcosa in più e qualcosa in meno, è portato spesso anche da altri. Gli amici sono una famiglia elettiva libera dal peso del sangue; sono persone scelte, non imposte dal Fato, sebbene non sia impossibile che un congiunto possa essere anche un amico.
Con gli amici si innesca una dinamica profondissima, assai diversa dalla sempre sfuggevole intima sintonia che si insegue nella coppia; con le nostre amicizie collaboriamo verso scopi comuni, dandoci idee e sostenendoci a vicenda, ed entriamo in una competizione sana in cui la diversità dell'altro, che percepiamo positiva rispetto a noi, diviene modello di qualcosa da raggiungere, integrare e superare per sviluppare la nostra personalità. Anche i lati negativi percepiti nei nostri amici sono uno stimolo alla crescita; per noi, che ci impegniamo a differenziarci da ciò che sentiamo come inadatto al nostro io, e per loro, perché divengono oggetto della nostra attenzione e della nostra cura affinché cambino in meglio.
Nel meraviglioso percorso evolutivo di gruppo che l'amicizia ci regala, può capitare che qualcuno rimanga indietro, perché si allontana fisicamente e riduce le interazioni con gli altri, o magari perché si assorbe in una coppia non esattamente equilibrata, o perché assume condotte anti-sociali, come la ricerca della santonaggine, l'abuso di droga, l'ostilità paranoica o comportamenti criminali, che gli altri non possono e non vogliono condividere. Può anche capitare che vada più avanti, raggiungendo una maturità e una sensibilità che non gli permette più di godere degli interessi prima condivisi (tipo sprangare i tifosi della squadra avversaria o guardare il festival di Sanremo tutti insieme sul divano). In entrambi i casi, l'amicizia si sfalda, magari per poi ricostituirsi in un qualche momento del futuro, quando le reciproche distanze si saranno accorciate...
Tanto, come vedremo nel prossimo post sul destino, siamo tutti sulla stessa barca, e presto o tardi raggiungeremo la stessa meta, ovvero la pienezza umana, e ogni barriera e divisione cadranno, permettendo il costituirsi di una società retta da amichevole amorevolezza. Anche se nell'arco di mille incarnazioni, prima o poi saremo tutti amici; tanto vale, dunque iniziare sin d'ora a volerci bene!
“Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo. [...] La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano.”
“Amico mio accanto a te non ho nulla di cui scusarmi, nulla da cui difendermi, nulla da dimostrare: trovo la pace... Al di là delle mie parole maldestre tu riesci a vedere in me semplicemente l'uomo.”
E con queste parole tratte dal Piccolo Principe di Antoine De Saint-Exupery, mando un grande abbraccio a tutti voi!
Andrea