La bellezza del vivere, prima parte: godimento e gioia

Cari ragazzi e ragazze,

Passate le canoniche due settimane dagli eventi, sento l’esigenza di scrivere le mie riflessioni su di essi, affinché le esperienze vissute non rimangano solamente un caleidoscopio di immagini e sensazioni che sbiadiscono nella memoria, ma vengano intrecciate con le storie che costituiscono la nostra identità personale, divenendo così, davvero, una parte di noi.

Due domeniche fa si teneva in un giardino di Bracciano il nostro primo festival, un evento che ha messo insieme una decina di docenti e oltre cinquanta entusiasti partecipanti, e la cui organizzazione stressante mi ha tolto un anno di vita, ma a posteriori posso dire: è stato un prezzo più che ragionevole da pagare! Contact Improvisation, Gong Meditation Therapy, Ginnastica Energetica, Yoga Tibetano, Superamento dei blocchi interiori, Meditazione del Cuore di Osho, Canto Ancestrale, Psicodramma, Craniosacrale Biorelato, Fiori di Bach, Acchiappasogni e la Via dei Tarocchi, insieme a un banchetto contenente cibo e bevande di ogni genere in quantità strabordanti, e ovviamente alla partecipazione, all’energia e all’entusiasmo di tutti i presenti, hanno reso la giornata una vera festa, una celebrazione in favore della vita!

Non ho pudore nell’affermare che questo tipo di esperienze, di gioia, condivisione e sperimentazione, costituiscono il senso della vita, una condizione capace di illuminare persino la mente semplice che crede “nella Scienzah” che ci salva dalle pandemie mortali e negli Avengers, figuriamoci una qualsivoglia persona capace di guardare al di là del suo naso, fino alle stelle, quelle del cosmo e soprattutto quelle del Cielo.

È stato così bello essere parte integrante di quel campo energetico, che ho deciso, evento eccezionale, di non festeggiare il mio compleanno, tenutosi tre giorni dopo, perché la gioia di essere nato l’ho sperimentata lì, e non avrebbe avuto senso tentare di rievocarla a così breve distanza.

Con buona pace delle religioni e delle filosofie privative, mentalistiche e introspettivistiche, che certamente hanno qualche freccia per il loro arco quando ricercano l’essenza umana e divina nel silenzio interiore, io sento che la natura umana e Dio si esprimono nell’amore e nella relazione e nel fare insieme; tutto il resto ha valore solo se prepara a questo.

Credendo, Vides!

Andrea

P.S. Devo raccontare un episodio accaduto il giorno del mio compleanno. La mia amata moglie mi ha regalato una pregiata statua in bronzo del Buddha realizzata da una fonderia dell’India del sud esistente fin dall’epoca vedica, millecinquecento anni prima che il suddetto fosse nato. Com’è noto, il principe nepalese Gautama Siddhartha ha elaborato una visione del mondo secondo la quale il vivere passionale è una fonte ineludibile di dolore, e il distacco interiore e il disinvestimento sociale le uniche vie per sedare questo dolore; il premio di tale rigoroso ascetismo è l’uscita dal ciclo delle reincarnazioni e il raggiungimento di uno stato non teistico di imperturbabilità, quiete e consapevolezza cosmica. Secondo i suoi seguaci, che lo ritengono un illuminato, Buddha ha scoperto il fine ultimo della crescita spirituale; secondo i suoi detrattori, invece, un geniale escamotage per mantenere la stabilità sociale, capace di rendere le masse popolari maggiormente sottomesse all’aristocrazia feudale regnante all’epoca, di cui egli stesso faceva parte. Sia come sia, da buon cristiano gnostico ritengo che la salvezza dell’anima, cioè l’uscita dal ciclo delle reincarnazioni per entrare nel Pleroma divino, sia frutto in parte di predestinazione, in parte del votarsi all’amore universale e a benefiche azioni concrete rivolte agli altri. Insomma, dopo la gioia del festival, ‘sta statua dalla faccia austera proprio non la potevo mettere sulla mensola dell’ingresso! Il dramma si è risolto con il Buddha nascosto in un angolo del corridoio (comunque la statua era bella e non potevo darla via), mentre una seconda scultura, proveniente dalla stessa fonderia e di paragonabile fattura, qualche giorno dopo ha occupato la mensola dell’ingresso. Essa raffigura un Ganesha gioioso; nel tardo induismo l’essere dalla testa di elefante rappresenta l’aspetto del Brahman, cioè del divino, che incarna lo stato di perfezione e la scoperta dei modi interiori per raggiungerla, l’equilibrio fra le energie maschili e femminili e la capacità di discernere fra la verità e l’illusione. Quando Ganesha, come accade nell’induismo antico, è invece inteso come un deva, ovvero un essere spirituale autonomo, è allora il “Signore del buon auspicio”, donatore di prosperità e fortuna, nonché “Distruttore degli ostacoli”, la cui grazia permette la buona riuscita di ogni attività. In vista del futuro Festival d’Autunno, non potrà che darmi una mano! 😄🐘