Mondi in collisione

Cari ragazzi e ragazze,

Un paio di domeniche fa si è tenuta la prima lezione segreta, che ha di fatto sancito l'inizio di un percorso di formazione interiore di livello più alto rivolto ai volenterosi che hanno dimostrato impegno, passione e presenza nelle varie attività proposte in passato. Non essendo questi insegnamenti rivolti a un gruppo chiuso, spero di poterne allargare la platea ad altri partecipanti in futuro... Vedremo, con la psico-gita che proporrò per settembre, lockdown stagionale permettendo, se comparirà qualche nuova persona interessata! Non mi soffermo sugli insegnamenti tenuti (sennò che segreto è?) e nemmeno su quanto profondamente l’incontro mi abbia arricchito ed elevato, come tutte le altre attività che ho svolto in questo gruppo, né riporto i resoconti dei presenti, perché ciò che raccontano è qualcosa che si deve provare dentro di sé per poterlo capire e apprezzare. Traggo invece spunto per il lungo sproloquio che seguirà da una sensazione nitida che ho provato al termine della giornata.

Abbiamo finito il tutto a tarda sera e quel giorno, incidentalmente (poiché nemmeno lo sapevo quando l'ho organizzata), l'Italia giocava la finale degli europei o qualcosa del genere. Fatto sta, la nostra nazionale di calcio ha vinto, e l'inizio dei festeggiamenti è conciso con il momento in cui ci stavamo salutando per tornare a casa. L'impatto con la brutalità espressa, la disregolazione ostentata, l'ottusa e cieca felicità dei tifosi che cercavano compulsivamente qualcuno da aggredire e nello stesso tempo con il quale condividere l'estasi muscolare che li aveva pervasi, ha squarciato ancora di più, e dolorosamente, il velo di Maya già abbastanza lacero di fronte ai miei occhi, e mi ha fatto percepire in un istante, con definitiva nitidezza, l'esistenza di mondi incompatibili fra loro, e purtroppo coesistenti, che collidono nella stessa realtà umana.

Dopo il successivo temporaneo spaesamento, comprensibile a chiunque pensi che appartengono alla stessa specie individui che si spendono amorevolmente alla ricerca del sacro ed altri che si esaltano perché degli atleti utilizzano tutta la loro energia per direzionare a calci una palla di cuoio e plastica verso una rete, da questo fomentati fino ad essere disposti ad uccidere i loro simili, sono tornato in me ed ho affrontato il mio turbamento nell'unico modo che so fare bene, ovvero analizzandolo in termini psicologico-spirituali con rassegnato distacco.

Pensavo di aver trovato un po' di quiete e mi ero distratto dal pensiero dei mondi diversi e conflittuali della natura umana, quando oggi, i servi che ci governano, seguendo puntualmente il cronoprogramma diffuso un paio d'anni fa del Nuovo Ordine Mondiale (Zaia dixit), hanno deciso che era ora di rispolverare le vecchie glorie del passato che tante gioie e divertimento hanno dato ai loro padroni, ripristinando le leggi razziali di cui fermo sostenitore, citandone uno per tutti, fu anche padre Agostino Gemelli, ugualmente rappresentante della Chiesa e della scienza medica, e la cui abolizione seguì la fine della seconda guerra mondiale.

Ricompare così l'Ahnenpass di hitleriana memoria in salsa verde, ovvero il certificato che attestava la purezza dell'ascendenza e dunque del sangue, necessario per viaggiare, entrare nei luoghi pubblici e svolgere le professioni, vengono rispolverati dalle cantine i cartelli con scritto “Vietato l'ingresso ai cani e agli ebrei”, da aggiornare e apporre nelle vetrine degli esercizi commerciali, mentre l'impareggiabile insegna in ferro battuto “il lavoro rende liberi”, diverrà modello, con parolina da sostituire, per quelle che probabilmente verranno apposte all’ingresso dei campi di container, già oggi in costruzione, per sfollati a causa di non meglio precisate emergenze regionali. Ovviamente un tocco di esotismo alle ispirazioni dei nostri rettiliani non può mancare, ed ecco rievocati gli echi della segregazione razziale americana e dell'apartheid sudafricano, sennò che globalismo sarebbe, non ce lo vuoi mettere un po’ di arcobaleno? E le parole di Primo Levi rimbombano nella mia testa:

Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio […]. Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone, […] con i bambini espulsi da scuola, […] con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione. Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.

Oltre a conoscere bene la storia contemporanea, il nostro massone nero, Venerabilissimo Maestro dell’Austerità, per chiamarlo come usa Gioele Magaldi, che ci comanda per volere dei mercati, strizza un occhio anche alla storia medievale. Nel 1346, la peste arriva in Europa dall’Oriente, tramite intraprendenti mercanti, e di città in città miete vittime e si diffonde, coadiuvata dalla follia generata dalla paura che il morbo porta con sé (e ci credo, moriva una persona ogni tre, altro che variante delta). In risposta a questo, si svilupparono ovunque movimenti popolari di espiazione e purificazione dell’anima per cercare di fuggire da quello che si credeva fosse un castigo divino, che portarono a loro volta morte e distruzione nella spasmodica ricerca di un capro espiatorio da sacrificare. Uno storico dell’epoca, Jean Froissart (1337-1405), nelle sue Chroniques, ci racconta “Gli ebrei avevano gettato dei gran veleni nelle fontane e nei pozzi, in tutto il mondo, per appestare e avvelenare la cristianità. Ecco perché i grandi e i piccoli ebbero molta collera contro gli ebrei che furono presi ovunque fu possibile e messi a morte e bruciati, in tutte le marche in cui i flagellanti [cioè gli untori] andavano e venivano dai signori”. Ieri come oggi, eretici e altre categorie di individui socialmente indesiderabili, marginalizzati perché si rifiutano di integrarsi nel mondo cattolico, eternamente sottomesso a papi, imperatori e signorotti vari uno più corrotto dell’altro, vengono accusati di portare la peste ai timorati di Dio, e per questo venivano confinati, privati dei loro bene, convertiti con la forza e spesso massacrati. Vi suona familiare?

Tutti, a meno di gravi deficit intellettivi, hanno capito a livello conscio o subconscio che stiamo vivendo una svolta politica autoritaria che caratterizzerà il nostro vivere civile per i decenni a venire, della quale l'emergenza sanitaria è un pretesto ridicolo, e dove le identità nazionali e quelle dei singoli individui verranno annichilite insieme a diritti e libertà, i quali dovranno d'ora in poi essere pagati, per poterne disporre solo temporaneamente, con i più disparati atti di sottomissione fisica e comportamentale che manco lo ius primae noctis delle fantasie medievali. E poiché l'hanno capito tutti, la più parte della popolazione, sempre sul pezzo, come quando si dedica al calcio e alla virologia, vuole essere senza indugio dalla parte dei vincitori, dimenticando i versi ispirati da Martin Niemöller: “Quando i nazisti presero i comunisti, io non dissi nulla perché non ero comunista. Quando rinchiusero i socialisti, io non dissi nulla perché non ero socialista. Quando presero i sindacalisti, io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi presero gli ebrei, e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa”.

Nonostante l'entusiasmo degli schiavi, per i nostri padroni siamo meno che animali da macello, e non ne fanno alcun mistero, tant'è che scrivono in tutte le agende istituzionali sovranazionali che il loro primo obiettivo è la depopolazione del pianeta, poiché il collasso climatico ed ecologico è imminente, le risorse per i ricchissimi scarseggiano e la tecnologia ha ridotto notevolmente la necessità di manovalanza sottomessa. E, in fondo, dico io, come dargli torto? Anche a me sembra spesso che siamo in troppi… I collaborazionisti entusiasti di acquisire la tessera identitaria e gli aspiranti kapò bramosi di vessare i loro concittadini non allineati, come pensano che faranno i loro padroni incappucciati a sfoltire il gregge? Eliminando una sempre più sparuta minoranza di liberi pensatori? Ma due domande questi non se le fanno mai, quando non riguardano le tattiche calcistiche o le varianti dei virus?

La risposta è no, non se le fanno perché sono morti.

IL MONDO DEI MORTI

Anche se i più pensano agli zombie di Romero ed epigoni, pochi sanno che l'espressione che titola questa parte del post è invece propria dei movimenti gnostici del primo secolo dopo Cristo. Il mondo materiale, per loro, e sfido chiunque a dargli torto, è un’illusione densa connotata dal male, dove il forte e il crudele hanno sempre la meglio sul debole e sul giusto, la verità derisa e sminuita sistematicamente dalla menzogna e la Storia un eterno ripetersi di conflitti e distruzioni. Questa dimensione, generata da energia corrotta e corruttrice, è popolata da persone fermamente convinte, nel loro profondo, di essere prive della scintilla immortale, dunque di essere solamente corpi semoventi in decadenza nel tempo. Per effetto della loro fede nichilista, sono persone già morte dentro, anche se il loro effettivo decesso biologico seguirà quella interiore di qualche manciata d'anni; essendo costoro la stragrande maggioranza degli umani che camminano sul pianeta, questo è il loro regno, il mondo dei morti.

La psicologia dei morti è oltremodo interessante. Ossessionati, consciamente o meno, dalla futura ineluttabile cancellazione del loro Io, progressivamente offuscato dalla demenza cognitiva che galoppa allo stesso passo dell’invecchiamento del loro corpo, desiderano sopra ogni cosa una vita che sia eternamente lunga, o almeno che arrivi alla pensione, e se ipotizzano che un rimedio possa prolungarla un po’, non esiteranno a correre rischi assurdi pur di accrescere di qualche minuto la loro esistenza, senza timore di compromettere nel processo il loro benessere fisico, la loro integrità mentale o la loro dignità esistenziale. L’argomento principale di ogni loro conversazione, infatti, è la salute, ovvero la malattia, e i rimedi per arginarla, poiché non possono pensare alla vita come a qualcosa di auto-sussistente e auto-poietico, ma vedono e concepiscono solo l’avvicinarsi della morte. In relazione a ciò, purché vivano, possono sacrificare chiunque ed ogni cosa, l’importante è che respirino, non importa se dentro un polmone d’acciaio.

Convinti che esista solo il loro corpo, nella loro quotidianità sono ossessionati da innumerevoli forme di ginnastica, sport, alimentazione, estetica, abbigliamento, salutismo, pratiche olistiche, poiché nutrono l’illusione della preservazione del corpo, che più artificiale è, meglio è; oggi, nei tempi moderni dei filmetti di fantascienza, sperano pure nel transumanesimo, altra ideologia di chiara matrice nazista insieme, ahimè, all’ecologismo, anche se non sanno nemmeno esattamente cosa voglia dire. Ironicamente, però, dalla devozione ascetica per la forma fisica cadono in eccessi di ogni genere, quali abbuffate di cibo (secondo onnipresente argomento dopo le malattie e la medicina), abuso di droghe, sesso disregolato, logorio fisico da sforzo eccessivo o chirurgia estetica deformante. Tutto ciò può sembrare una contraddizione, ma il conflitto si scioglie in un attimo ricordandosi che il corpo è anche la loro unica fonte di piacere, dunque più lo deprivano per mantenere salute e giovinezza, più aizzano i demoni che li dominano e che ogni tanto si scatenano, e questo li fa vivere in un costante conflitto interiore.

Poiché il pensiero della morte domina il loro subconscio, vedono ovunque potenziali minacce alla loro sopravvivenza; tale percezione di essere fragili attiva costantemente i bisogni innati specie-specifici legati all’infanzia, ovvero l’attaccamento e l’affiliazione. Come bambini sperduti, per gestire la loro angoscia ricercano, di solito, per guida e protezione, figure forti e autoritarie verso le quali creare una dipendenza morbosa, e ad esse tutto viene delegato, il pensiero, le scelte, la cura di sé… Ma come può un cieco guidare un cieco? Non cadranno entrambi nello stesso fosso? Anche sì, ma è pure peggio, perché tali figure sono spesso abusanti, poiché approfittano giustamente della situazione, mossi dallo stesso impulso egoistico di sopravvivere ad ogni costo. Ciò nonostante, i morti non mollano; la loro ingenuità puerile, accresciuta dalla speranza angosciosa, gli rende impossibile concepire quello che uno psicoanalista chiamerebbe “il tradimento del padre” e pure della madre, aggiungo io, e devono allora costantemente giustificare, negare o sminuire le violenze, gli abusi e le trascuratezze che subiscono dai loro padroni intra ed extra-familiari. In mancanza di un forte genitore simbolico cui asservirsi, si avvalgono della televisione e delle sue bugie, perché un padrone virtuale è comunque meglio della libertà e della responsabilità. Alcuni morti, invece, in alternativa alla dipendenza, possono assumere, quasi come pratica di magia simpatica, atteggiamenti narcisistici e antisociali, nell’illusione che questo possa farli sentire autonomi e sicuri perché lontani da ogni umana tenerezza e compassione; ma tali posizioni non si possono mantenere senza altri individui che gli facciano da spalla o da vittime, e dunque anche questa strada li condanna ad una dipendenza eterna dall’altro.

Sempre per preservarsi, i morti devono proteggere continuamente il loro territorio materiale, sociale e simbolico, vivendo nella paura di perdere il controllo e nella rabbia divorante di chi percepisce l’altro come un avversario, un ostacolo nella conquista di nuove garanzie e una minaccia che può portargli via tutto in ogni momento; da qui la loro aggressività, intolleranza e paranoia, canalizzate in sempre nuove forme di scontro e competizione sportiva, politica, religiosa, sociale. Nord contro sud, squadra contro squadra, destra contro sinistra, cristiani contro musulmani, omosessuali contro eterosessuali, statali contro autonomi e via elencando; tutti riempiti fino alle loro orbite vuote di paura e di rabbia, impulsivi e compulsivi, incapaci di riflessione e ragionevolezza. Sempre in conflitto rabbioso con qualcuno, svalutano e deridono ogni forma di pensiero critico, analitico e approfondito, perché se provassero ad applicarlo su sé stessi, si vedrebbero per quello che sono, ovvero come morti in decadimento pervasi da un’esaltazione inutile, e la loro intera esistenza crollerebbe.

Sul palcoscenico sociale, i morti recitano le parti più disparate: delinquente, prete, scienziato, professionista, imprenditore, medico, santone, guaritore olistico, psicologo… ma sono solo maschere che nascondono il vuoto abissale del deserto dell’anima, perché non importa cosa dicono ad alta voce, nel segreto della loro mente esiste solo il gelo della paura e l’acredine verso i propri simili. “La posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro, nella logica del gioco la sola regola è esser scaltri, niente scrupoli o rispetto verso i propri simili, perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili. Sono tanti, arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti, sono replicanti, sono tutti identici, guardali, stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere […] Quel che hanno ostentano, e tutto il resto invidiano, in costante escalation col vicino…”, cantava un sapiente del recente passato. Nulla può riempirli né disconfermare l’unica certezza che hanno, ovvero che un giorno perderanno le loro cose preziose e i loro corpi amati e odiati; per questo i morti hanno sempre fame d’aria e, insensibili ad ogni forma di bellezza, divorano più che possono l’ambiente naturale, sociale ed energetico intorno a loro.

I morti, più di ogni altra cosa, odiano i vivi, l’unico specchio capace di rimandargli la miseria della loro esistenza vincolata alla materia.

IL MONDO DEI VIVI

Pochi giorni fa Michelangelo Drago ha postato una bellissima poesia del teosofo arabo medievale e mistico sufi Ibn Arabi; per la profondità del suo pensiero, questi è stato appellato come “colui che rivivifica la religione” ed è un ottimo esempio del variegato e multiforme gruppo dei vivi.

Per usare concetti e parole del pensiero gnostico antico, possiamo dire che vivi non si nasce, ma ci si diventa per effetto delle trame del fato. Più esattamente, nascono morti, ma morti speciali, dotati in origine di una scintilla divina che li anima e li rende predestinati alla salvezza. Tale liberazione avviene quando l’individuo designato si avvicina al cristianesimo gnostico, e dopo averne assimilato il messaggio, il solo capace di risvegliare la favilla celeste dentro di lui, resuscita e diventa pienamente vivo. Solo la comunione fra il Logos e il bagliore animico interiore rianima l’individuo in modo irreversibile, riscattandolo per sempre dal mondo dei morti.

Oggi che gli gnostici, quasi tutti ammazzati dai cattolici insieme agli altri eretici, sono memorie del passato scritte su rotoli di pergamena millenaria, abbiamo imparato, come dimostra il nostro poeta arabo, che i vivi possono essere ispirati anche da altri credo e culture differenti da quella cristiano-gnostica. Per essere vivi, infatti, basta possedere un innato sentire specifico, ovvero l’incrollabile certezza e la chiara percezione che il mondo materiale non è che la manifestazione inferiore e marginale di un Ente Assoluto, trascendente e allo stesso tempo immanente, eterno nel presente, che genera e con la sua essenza infonde matrici spirituali individuali rendendole capaci di consapevolezza e volontà, oltreché abili ad animare corpi materiali (per i più, ripetute volte). Forma e natura dell’anima personale e di Dio sono definite da rappresentazioni mentali che cambiano da vivo a vivo, ma la sostanza è uguale per tutti.

La ferma convinzione, retta dal chiaro sentire, che la coscienza individuale sopravvive alla morte del corpo biologico, o meglio che non è affatto legata ad esso, ma esiste in una dimensione sua dalla quale occasionalmente si distacca per incarnarsi, porta la persona ad aprirsi a tutto ciò che rende l’esistenza degna e bella. Amore vero, autonomia, libertà, carità, equità sociale, autorealizzazione, sviluppo interiore, conoscenza intellettuale, creatività, pratica religiosa, spirituale ed energetica, benessere e guarigione fisica, armonia con la natura, arti e scienze orientate al bene e strumentali allo stimolo evolutivo, sono le declinazioni attitudinali della mente dei vivi, intelletto che la più parte del tempo è orientata alla gioia, alla speranza, alla promozione personale nel pensiero amorevole degli altri e di ciò che ci attende, alla vita oltre la vita.

Anche se i vivi vedono la luce nell’oscurità dove i morti brancolano, l’ordine e il senso nel caos apparente, l’unione e l’armonia in luogo della divisione e del conflitto, radice di ogni male, hanno anche loro paura, ovviamente, ma per motivi diversi da quelli dei morti. Sebbene, in quanto organismi, anche i vivi temano dolore e sofferenza, le loro paure sono generate dalla preoccupazione che rimangano incompiuti progetti e realizzazioni che sentono essere legati alla loro esperienza di crescita terrena o che coinvolgono la promozione, il progresso e l’arricchimento interiore di altre persone a loro care, poiché la loro natura luminosa si manifesta tanto nell’esserci quanto nel trascendere sé stessi e nel dedicarsi agli altri. Affinché possano portare avanti e sviluppare le loro attitudini e vocazioni, devono nascondersi alla vista cieca dei morti, poiché questi ultimi, come detto prima, fanno tutto ciò che possono per annichilirli o, peggio ancora, per renderli impotenti e schiavi, così da non creare pericolosi martiri.

Va da sé che, con questa descrizione, i vivi appaiono essere davvero in pochi rispetto alla popolazione (confermo, lo siamo); ma, allora, a che gruppo appartengono tutte quelle persone che sembrano avere un orientamento verso la vita nonostante rimangano ancora attaccate alla materia morta?

IL MONDO DI MEZZO

Non tutti i morti sono uguali; nel mito gnostico, oltre ai predestinati e ai condannati, esiste una categoria umana, un gruppo significativo di persone che, pur non vedendo la Luce, possiedono una mente abbastanza evoluta e aperta che gli permette di concepirne l’esistenza.

Questi morti “psichici” vivono ancorati alla materia, ma capiscono quanto sia assurdo costruire intorno al nulla e al dolore la loro intera realtà; sentono che i pranzi di Natale con i parenti che si insultano e si litigano, che imbottirsi di farmaci per malattie che non guariscono mai o che nemmeno si vedono, che lavorare sedici ore al giorno per pagare la pay-tv e le vacanze alla famiglia quanto loro vorrebbero stare con l’amante o semplicemente soli, e via elencando, sono cose che forse non hanno senso, oltre ad essere uno spreco di energie. Al contempo, però, non sentono di essere liberi interiormente, né sono convinti che possa davvero esistere qualcosa d’altro dalla materia bruta che abbraccia tutto il loro orizzonte; gli piacerebbe che esistesse Dio, a volte gli sembra di percepirlo, poi ne dubitano e spesso risolvono di essersi ingannati. Eppure…, eppure…

L’apertura della loro mente, anch’essa dono divino e dunque marchio di predestinazione, porta loro a ragionare, a vedere, a capire, a sentire che le narrazioni tombali scambiate dai defunti sulla natura del mondo interno ed esterno non possono essere veritiere, cioè proprio non gli tornano i conti sulle castronerie e le contraddizioni assurde che costituiscono le chiacchiere quotidiane dei cadaveri animati. Hanno la capacità di approfondire e praticare le scienze e le arti; quest’attitudine, in alcuni, può portare allo sviluppo di una personale filosofia e comprensione dell’ordine cosmico, la quale diviene un portale per arrivare ad intuire l’esistenza di forze spirituali in equilibrio dinamico fra loro che danno forma al multiverso pluridimensionale. La loro comprensione delle cose è però sempre intellettuale o mentale, non hanno mai un contatto esperienziale col divino, non percepiscono l’energia celeste che a tutto dà forma, e non si sentono parte di un Tutto più grande connotato da amore trascendente.

Ciò nonostante, quando divengono edotti sulla natura delle cose, si pone di fronte a loro una scelta: convertirsi, abbracciare la fede, sviluppare l’intelletto sensibile in sostituzione della sterile razionalità, e quindi entrare progressivamente nella luce che costituisce il mondo dei vivi, oppure utilizzare la loro superiorità mentale per dominare gli eserciti di zombie senza cervello che li circondano, scegliendo dunque di essere alimentati da un’energia egoica che promette carisma e potere senza fine, ma che richiede però il convogliare ogni sforzo possibile nell’offuscamento della luce e nella distruzione del mondo dei vivi. “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e Mammona”, dice il Logos, indentificando così il mondo di mezzo come un mondo liminale dove lo psichico si eleva e si solleva, per poi però, necessariamente, ricadere in uno dei due altri mondi, quello della morte o quello della vita.

TROVARE SE STESSI

Tu, infine, che affaticato sei arrivato sin qui nella lettura, a questo punto, mentre il mondo libero crolla irreparabilmente intorno a te, ti sarai scoperto appartenere a uno dei suddetti mondi.

Non è possibile che tu sia un morto ordinario, perché non avresti mai avuto la forza mentale di arrivare a leggere così tanto, la tua mente piatta non avrebbe avuto né resistenza, né capacità di comprensione sufficiente. Forse, allora, sei un vivo, e se è così ci conosciamo già, oppure ci conosceremo presto, perché in te è irresistibile il bisogno di entrare in una comunità dove puoi trovare nutrimento per la tua dimensione luminosa. Oppure, ipotesi più probabile, sei un morto che dà cenni di vita, una persona in cerca di qualcosa che la sua esistenza ordinaria non può dargli; se è così, e hai resistito alla tentazione di entrare nella massoneria nera, vieni a conoscerci; forse abbiamo qualcosa per te.

Credendo, vides!

Andrea Tamburrini