Sulla natura del Bene e del Male, e qualche parola sull'Amore

Ragazzi e ragazze,

Messi da parte piacioneria, maglioni con teschi e pappagalli, torno a postare una riflessione filosofico-esistenzialista che leggeranno in pochi e apprezzeranno ancora in meno, ma che vi devo dire, magari qualche stimolo più profondo è in grado di risvegliare coscienze sopite o semplicemente di conciliare il sonno ai più, direi che vale la pena tentare di condividere con voi un frammento dei miei contorti processi di pensiero.

Già da un po' di tempo l'una volta amato e già dimenticato Colui-che-opera-nelle-tenebre è stato soppiantato dal Drago in persona, orgoglio della massoneria nera internazionale, homunculus generato dal cuore morto dei mercati finanziari. Escalation, questa, che, essendo noi ormai addentro già al secondo anno della dittatura sanitaria neoliberista che flagella l'Europa, non lascia presagire niente di buono per il nostro martoriato popolo di schiavi inconsapevoli, entusiasti di piegarsi e di morire sotto lo stivale del padrone rettiliano, mentre pochi individui dalla mente libera cercano di sopravvivere in nicchie ecologiche di amore e socialità che divengono ogni giorno più strette.

Di fronte a questa triste costatazione e ai foschi scenari che prelude, mi sovviene alla memoria che gli steineriani sostengono che siamo nell'era governata dall'Arcangelo Michele (lo vedete rappresentato da Guido Reni), essere verso il quale ho sempre provato una certa diffidenza, sentimento che mi sembra legittimo riservare a chi con una spada in mano è raffigurato nell'atto di accingersi a sbudellare qualcuno, ma non sia mai che dovesse darsi una svegliata e tornare a lavorare... Poiché da quando, come ci raccontano gli apocrifi veterotestamentari attribuiti ad Enoch, ha incatenato il capo degli angeli ribelli scesi a governare la Terra, Semeyaza/Satana, nel sottosuolo per settanta generazioni (che sono finite da un pezzo, come è evidente), non mi sembra abbia fatto granché, e visto pure che si è riposato di fronte a Hitler, Stalin, Mao e compagnia cantante, dubito che si muoverà per Biden o il rettile nostrano attualmente in carica... La latitanza dell'aiuto celeste mi motiva però a fare qualcosa io, e non potendo portarvi in psico-gita (però i corsi clandestini li faccio, caro il mio rettile!), condivido qualcosa atto a smuovere la riflessione e la coscienza critica.

Adunque, nello specifico, mentre i più si dilettano col gioco dei colori che determina le loro vite, io mi soffermo a pensare alla variante del tema "andrà tutto bene", ovvero "tutto accade sempre per un bene più grande", come pare si dica in India. Ma ne siamo proprio sicuri? E in cosa consiste il bene?

Se usciamo dall'ingenuità del presupposto mentalista costruttivista, ovvero che la mente crea la realtà e altre fantasie (sebbene ovviamente influenzi massicciamente il modo in cui affrontiamo la vita) e definiamo "bene" e "male" come categorie universali e condivise del pensiero, specificamente quello morale, scopriamo che sono idee arbitrarie, culturalmente e storicamente determinate, e che in fondo non siamo in grado di definire esattamente cosa siano il bene e il male se non in termini utilitaristici e soggettivi: bene è ciò che promuove e soddisfa in qualche forma noi e i nostri simili e in generale la parte del mondo a cui siamo legati, male ciò che all'inverso, in qualche grado, impoverisce o compromette o infelicita noi o ciò che ci è legato.

Il problema si sposta allora sull'indagare quale sia il vantaggio o la promozione dell'individuo riconosciuta come bene dalla persona che la sperimenta; dopo rapida disamina dell'intera esperienza umana, comprendiamo immediatamente che non esiste guadagno o promozione personale senza contemporanea perdita e impoverimento di qualche parte del proprio sé, anche solo potenziale. Il santone che medita sul sasso contemplando e compiacendosi del vuoto nella sua testa si perde ad esempio le gioie dell'amore romantico e della conoscenza culturale, mentre il gaudente berlusconiano si depriva brutalmente di ogni forma di interiorità sensibile, e via elencando. Dunque, nella nostra mente, bene e male appaiono stati intrinsecamente legati e ciascuno deve solo orientarsi verso la forma di bene che ritiene migliore per sé, tutti dicendo naturalmente che il bene secondo loro è quello giusto e che le persone che anelano ad altro lo stanno cercando nella direzione sbagliata...

E come stanno invece le cose al di fuori della mente? Perché, ricordiamo, la nostra mente è solo un frammento infinitesimo di un universo immensamente più grande dove tutto è interconnesso e obbedisce a leggi comuni, e al giorno d'oggi il soggettivismo cartesiano appare ingenuo quanto la new age con la sua legge dell'attrazione (almeno intesa nel suo senso forte) e la bislacca idea che il pensiero si identifichi con la realtà. Esiste nell'universo qualcosa che appaia simile al bene e al male come noi l'intendiamo? Sono essi davvero principi universali che regolano il cosmo?

Da quanto ne sappiamo, il moto espansivo dell'universo è regolato dalle forze fondamentali che tengono insieme la materia, di natura attrattiva e repulsiva, responsabili prevalentemente dell'aggregazione della materia e del suo decadimento, e dalle ignote forze repulsive proprie dell'energia oscura che spingono la stessa a sfaldarsi e l'universo a espandersi insieme all'inerzia generata dal big bang. Perciò anche la nostra casa celeste, come la nostra testa, è governata da forze che accrescono, aggregano ed evolvono la materia e da altre che ne comportano la disgregazione, l'allontanamento e l'atomizzazione; in buona sostanza, i correspettivi cosmologici di molte forme di bene e di male proprie dell'esperienza umana.

Uscendo dalla testa e guardando le stelle, potremmo allora definire "bene" ciò che aggrega e accresce, aumentando le interazioni fra gli enti, e "male" ciò che isola e degrada e porta gli enti a perdersi nel freddo cosmico. Aggiungiamo anche che negli ammassi atomici appropriati precise reazioni eccitatorie determinano l'emissione di fotoni che noi chiamiamo "luce", mentre l'isolamento atomico e la diminuzione delle interazioni termodinamiche portano al "buio" più assoluto. Non a caso il Diavolo è colui che divide, la tenebra la sua casa e il conflitto la sua lingua.

Sembra quindi che la legge cosmica dica agli umani: "Il bene, fonte di luce, è ciò che avvicina le persone e le porta a interagire fra loro affinché costituiscano entità relazionali complesse, quali ad esempio gruppi, famiglie, coppie, entità dotate di proprietà generative di varia sorta. Il male, e l'oscurità che porta con sé, è invece ciò che porta a isolamento, immutabilità e sterilità, oltreché al disfacimento di ciò che una volta era complesso e attivo. Ogni individuo e ogni relazione fra le persone contengono in varia percentuale ciascuna delle due forze, miscela che ha impatti ed esiti profondamenti diversi a seconda di come si componga". Ciascuno dei miei tre lettori può dilettarsi a riconoscere l'appartenenza all'una o all'altra categoria dei più svariati comportamenti umani.

Non sfuggirà peraltro la notevole assonanza fra i principi della meccanica newtoniana e alcune dinamiche della vita umana; il primo enuncia che un ente mantiene il suo moto costante, senza mutamenti, finché non interagisce con un altro, il secondo che maggiore è la forza che agisce in lui, più grande diviene la velocità del suo muoversi, il terzo è che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, che a me pare sia la definizione più elegante esistente del concetto di karma. In origine, il karma era l’esito dell’offerta rituale eseguita per compiacere gli dei, ovvero il ricevimento di premi e benefici per i riti svolti bene e di punizioni per quelli eseguiti in modo manchevole; dopodiché tale principio di causa e conseguenza è diventato, per tutte le formulazioni legislative e le tradizioni spirituali, il motore del guadagno e della perdita, ovvero uno dei regolatori del bene e del male. Di nuovo, leggi universali sembrano accomunare persone e pianeti.

Tornando al punto, pare che abbiamo definito il bene e il male e la loro indissolubilità, ma cosa possiamo dire della loro finalità? Perché dovrebbe "andare tutto bene/accadere tutto per il bene"?

Qui la faccenda diventa assai più complicata... Per quanto ne sappiamo in base alle osservazioni, l'universo è nato da una singolarità variamente intesa e nota come "Big Bang", si espande da allora e probabilmente terminerà la sua esistenza collassando di nuovo in sé stesso dopo essersi esteso oltre un limite critico, forse dando luogo a una nuova singolarità generatrice (teorie dell'universo oscillante). In questo dinamismo appare dunque assai simile a noi: è nato, cresce espandendosi, perde slancio, si rattrappisce e muore; forse poi rinasce. Peraltro, quando l’universo viene rappresentato in certi modi, somiglia davvero alla rete neurale di un cervello umano, e la cosa presenta non pochi aspetti inquietanti, a parer mio. Inoltre, con buona pace del defunto Stephen Hawking, nonostante le speculazioni su universi paralleli, al momento pare che ne esista solamente uno, il nostro, e l’Apocatastasi pensata da Origene, ovvero l’eterno rinascere dell’universo affinché la storia umana possa ripetersi ogni volta più evoluta, guidata da un Dio ogni volta più maturo, appare oggi un’idea insospettabilmente robusta.

Riprendendo il discorso, poiché in questa mia speculazione il bene e il male sono le forze cosmiche regolatrici del suddetto processo elastico evolutivo dell'universo, possiamo estenderle nuovamente alla vita umana e sostenere che esse sono funzionali alla crescita dell'individuo e alla sua evoluzione... Con un piccolo, rognoso, problema, che sembra renderci diversi dagli ammassi stellari: il libero arbitrio, ovvero la capacità di scegliere e decidere in una certa misura liberi da condizionamenti.

Se il libero arbitrio è un inganno della coscienza, allora è tutto a posto, le leggi cosmiche regolano il moto umano come il vento muove le nuvole e tutto accade secondo una saggezza superiore o semplicemente seguendo processi causali al di là della nostra volontà; dunque, “andrà tutto bene”, perché tutto può andare nel solo e unico verso necessario alla crescita universale, che a noi piaccia oppure no.

Se ammettiamo invece che gli esseri umani abbiano la possibilità di scegliere realmente il loro comportamento, e dunque di promuovere nelle loro esistenze il bene o il male, allora viene meno ogni necessità di questi stati, ovvero “andrà tutto bene” e “tutto serve per il bene” diventano frasi senza senso, almeno dentro l'esperienza dei viventi nel nostro piccolo angolo di cosmo. Saremmo infatti liberi di distruggere tutto o al contrario di preservare ciò che andrebbe lasciato scorrere nell’oblio, rompendo il meraviglioso equilibrio delle leggi celesti e nessun Dio (sennò che arbitrio è!) potrebbe intervenire mettendo le pezze. Certo, la portata della nostra azione sarebbe talmente ristretta su scala cosmica che il suo effetto nell’universo sarebbe tendente a zero, dunque un padrone celeste desideroso di prevedibilità dormirebbe comunque sonni tranquilli, ma la libertà di fare casino ci rimarrebbe ugualmente.

A sostegno dell’esistenza del libero arbitrio viene, a parer mio, il cosiddetto “problema della regolazione precisa”, ovvero l’osservazione che il Big Bang ha prodotto un universo che si regge su almeno sei valori costanti che appaiono essere “scelti” affinché la vita potesse presentarsi sui pianeti, nonché potessero nascere gli stessi corpi celesti. Dunque la nascita di un universo portatore di vita appare un atto deliberato e non casuale e le spiegazioni alternative (molti mondi paralleli o infiniti cicli dai valori incidentali) sono inconsistenti sul piano dell’osservazione. Insomma, se il cosmo è un atto di volontà, appare ragionevole che anche noi disperati, suoi prodotti, possiamo esercitarla in qualche grado. Certo, Dio potrebbe ricordarci che il suo “sforzo” è parecchio più grande del nostro (citando quella perla rara nella storia del cinema che è Balle Spaziali) e che dunque Egli può, noi no, e quindi “andrà tutto bene” e ci tocca fare pippa; ma anche se ci tenesse col guinzaglio corto, una certa quota di libertà verosimilmente la manterremmo.

I filosofi gnostici di oltre duemila anni fa, miei ispiratori, sintetizzano e risolvono la questione ipotizzando che l’universo sia stato creato da un essere tutt’altro che perfetto, noto come Demiurgo, il quale conosce il bene e il male e aspira all’ordine e all’equilibrio, ma non sa cosa sia l’amore, e infatti le leggi della natura da questi stabilite sono tutt’altro che tenere verso i viventi che governa. Gli umani sono una sua creazione e, in quanto figli di un dio minore, non brillano per sensibilità e sono privi, per natura, della capacità di andare oltre la grettezza. Esiste però, in una dimensione altra e irraggiungibile, lontana dal mondo materiale e dai mondi animici a questo associati, un vero Dio onnisciente e onnipotente, chiamato Abisso o Profondità, uno e molteplice al tempo stesso, il quale ha trasmesso compulsivamente una parte della sua natura alle creature del Demiurgo, che in vario grado sono state così dotate di una scintilla divina che rende quelle che fra loro sono più evolute interiormente capaci di amare in modo completo e trascendente, secondo l’esempio del Cristo, sua emanazione ispiratrice. Le persone che riusciranno a vivere l’amore pienamente non dovranno più preoccuparsi del bene e del male, perché saranno andati oltre le logiche del mondo materiale e dopo la morte, fra una reincarnazione e l’altra, non finiranno negli aldilà da operetta allestiti dal Demiurgo, ma potranno entrare a far parte permanentemente della Quiete divina.

Sia come sia nell’iperuranio, se è vero che noi abbiamo anche solo un’ombra di libero arbitrio, allora non esiste alcuna necessità esistenziale, e l’inseguimento del bene personale si risolverà sempre in una fonte di conflitto con i nostri simili, a meno che non sia guidato dall’amore divino. Appare banale, ma è opportuno specificare che il concetto di “bene” non ha nulla a che vedere con quello di amore: basti pensare che oggi dei dementi mascherati lasciano morire da soli i loro vecchi e rinunciano ad ogni relazione umana perché il loro televisore da ottanta pollici gli dice che questo è “bene” per loro e per la comunità ed essi ci credono! D’altro canto, anche con la sua quota di dolore e struggimento, è vero invece il contrario, ovvero che l’amore, quello spirituale, porta sempre beneficio a chi lo prova, uno stato di grazia che null’altro può eguagliare.

Dobbiamo infatti distinguere, seguendo Abraham Maslow, l’amore da mancanza, dove l’altro si ama affinché venga a riempire i nostri vuoti interiori e in generale a soddisfare i nostri bisogni inappagati, e l’amore per l’essere, dove l’altro è considerato un arricchimento per il nostro sé già autonomo e indipendente, e insieme a questa persona si immagina di poter raggiungere uno stato interiore più evoluto, che ci unisce col mondo e non ci divide da esso. L’amore da mancanza è dipendenza, possessività, gelosia, morbosità, uso e dominio dell’altro sentito in buona fede come necessario, giusto, buono. L’amore per essere, di origine divina e di livello spirituale, è altruistico, aperto, libero e volto a dare al fine di promuovere l’altro, non a prendere qualcosa da esso se non la relazione stessa all’interno della quale il sentimento può manifestarsi. Dopo oltre quindici anni di lavoro clinico e migliaia di storie ascoltate, posso ben dire che questo amore è un’esperienza rara; pochissimi sono in grado di viverlo e profonderlo attivamente (sebbene molti credano di farlo o di esserne capaci), e per la maggior parte delle persone sarà qualcosa che sentiranno solo in una manciata di momenti della loro esistenza; nondimeno, esso esiste.

Per concludere, se non ci apriamo a questo sentimento, non lo ricerchiamo con tutto il nostro essere e non siamo disposti a stravolgersi per farci possedere da esso, non “andrà tutto bene”, anzi, le cose andranno proprio male e se pensate che questa sia la volontà di Dio o del Cosmo o del Grande Cocomero, o che i loro piani per noi passino per la vostra vigliaccheria e cialtronaggine, che dirvi? In bocca al lupo, avrete qualche sorpresa nell’aldilà, dove non potrete esimervi dal fare i conti con voi stessi. La coscienza è corrotta e ingannevole, la mente incasinata e difettosa per natura, la saggezza un’illusione, la conoscenza inutile, la ragione fallace, l’isolamento fatale; la divinità stessa potrebbe non essere quello che credete che sia. Perseguire il “bene” senza chiedersi con sguardo critico quanto siamo capaci di amare, dimostrandolo nella realtà agli altri intorno a noi, non nelle fantasie, è la dimensione più diabolica che io possa immaginare… Scandalizzate i benpensanti e stupite voi stessi e amate spudoratamente e senza riserve; così, forse, il mondo diventerà un posto migliore, e non per volontà di Dio, ma per la vostra.

Credendo, vides!

Andrea